Un unico tema, l’abito e gli accessori ad esso associati capaci di imprigionare l’esistenza passata, evidenziano come Sara Montani utilizzi una vasta gamma di poetiche, tecniche e materiali, per una molteplicità di linguaggi che rendono la sua ricerca espressiva un’esperienza immersiva totale
La nuova mostra di Sara Montani “Persistenze”, a cura di Edoardo Maffeo, in programma nella Pinacoteca Civica del Castello Sforzesco di Vigevano dal 4 al 29 novembre, è realizzata con il patrocinio del Comune di Vigevano, del Museo della Permanente di Milano e dell’Associazione Amici di Palazzo Crespi.
In un mondo in cui la visione è costantemente frammentata, Sara Montani pone un forte accento sulla “latenza” delle immagini, quel momento in cui l’immagine persiste sulla retina, dando una molteplicità di interpretazioni e trasformazioni. Le sue opere sono, in questo senso, un palcoscenico dove tutto appare e scompare, si deforma e si moltiplica, in un incessante gioco di spazio e tempo.
Contrapposta a questa instabilità della visione c’è la memoria, rappresentata come una sorta di archivio di tracce persistenti. Partendo da questa nota l’artista ci conduce in un viaggio attraverso la sedimentazione dei dettagli, i frammenti di vita, i sentimenti non espressi e le parole non dette. Come un profumo che resta a lungo sugli abiti e nel cuore, la memoria offre nuovi strati di comprensione ad ogni “lettura” successiva.
Il territorio in cui l’artista si muove è vasto e articolato, dove l’arte diventa un linguaggio aperto a soluzioni imprevedibili e la ricerca a macchia d’olio dell’artista un invito allo spettatore a unirsi a lei, esplorare nuovi orizzonti di luce in un mondo sempre più dominato da tecnologie che tentano di sterilizzare la nostra percezione e le nostre emozioni.
La mostra di Vigevano, come sottolinea Edoardo Maffeo, è il manifesto della visione profonda che Sara Montani ha del mondo: “come verità dei sentimenti, l’espressione dei desideri legati all’inconscio, l’esplorazione della materia come solidità e come misura evocativa dello spazio, la ricerca della luce ai confini del visibile, il valore del frammento visivo come traccia del vissuto, il progetto della forma come dialogo con il mistero, le risonanze del colore in rapporto all’evanescenza del reale.”
Come sottolinea il titolo stesso della mostra, non si tratta di episodi isolati, ma di una posizione quasi istintiva, un pulsare continuo che deriva dall’atto stesso della visione e dalle sensazioni che accompagnano il corso degli eventi.